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Osteonecrosi dei mascellari: quando a causarla sono i bifosfonati

Negli ultimi anni i bifosfonati impiegati per la cura di un’ampia gamma di disturbi sta crescendo considerevolmente tra la popolazione, a tal punto da attestarsi tra i 20 farmaci più prescritti al mondo.

Tale categoria farmacologica rappresenta la terapia di riferimento per il trattamento di diverse patologie metaboliche e oncologiche che coinvolgono l’apparato scheletrico, dalle metastasi ossee all’ipercalcemia neoplastica, dal morbo di Paget all’osteogenesi imperfetta e anche alle varie forme di osteoporosi.

Prevenzione da ulteriori danni ossei, riduzione del dolore, diminuzione delle fratture patologiche, nonché minore necessità di dover eseguire trattamenti radioterapici su segmenti scheletrici sono solo alcuni fra gli effetti positivi più evidenti legati alla loro somministrazione.

Modalità d’azione del farmaco e rischio d’insorgenza di osteonecrosi

I bifosfonati agiscono farmacologicamente accumulandosi in prevalenza nelle sedi in cui risulta maggiore la sintesi ossea, determinando una sensibile inibizione del riassorbimento dell’osso mediato dagli osteoclasti, alterandone il normale rimodellamento.

Nella cura delle patologie scheletriche benigne, quali l’osteoporosi e il morbo di Paget, i bifosfonati vengono impiegati, nella quasi totalità dei casi, con dosaggi bassi protratti nel tempo e sono assunti per via orale. Per quanto riguarda invece le patologie oncologiche (metastasi ossee), essendo necessarie dosi molto più elevate di farmaco, si ricorre quasi esclusivamente a somministrazioni endovenose ravvicinate e pertanto in breve tempo si raggiungono alte concentrazioni di bifosfonati a livello scheletrico.

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